martedì 29 luglio 2008

LA LEGA TAGLIA GLI ASSEGNI SOCIALI

La Lega ammette il suo autogol

ROMA - Le casalinghe vittime della lotta agli extracomunitari e della paura del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, di un assalto alla diligenza della spesa pubblica da parte degli altri ministri dalla maggioranza.

L'ennesimo pasticcio sulla Finanziaria è nato per caso, come rivela il deputato Matteo Bragantini della Lega Nord: "Erano le cinque di mattina: io avevo presentato un emendamento per limitare l'accesso agli assegni sociali degli extracomunitari, imponendo una residenza minima di 10 anni. L'onorevole Karl Zeller (Svp) aveva posto il limite di aver lavorato con un reddito pari all'importo dell'assegno sociale. Nella formulazione finale la frasi sono state unite". I due criteri si sono sommati facendo sì che per accedere allo strumento minimo di sostegno ai poveri bisogna aver lavorato e soggiornato 10 anni nel nostro paese. "Ci siamo resi conto che la nuova formulazione dell'articolo 20 - insiste Bragantini - poteva creare qualche incertezza interpretativa per questo abbiamo approvato un ordine del giorno".

Non è molto diversa la storia dell'altro emendamento controverso, quello sull'indennizzo ai precari, che l'autore, Marino Zorzato (Pdl), ha in parte disconosciuto dicendo: "Serviva solo per sistemare i contenziosi alle Poste, non doveva avere una portata così ampia". Nessuno si sente colpevole: i leghisti rivendicano il risultato di aver difeso i soldi italiani dalle richieste di extracomunitari disoccupati o dei loro familiari. Ma anche i peones più fedeli ricordano che si tratta di una manovra approvata in 8 minuti in Consiglio dei ministri, blindata da successivi maxiemendamenti, votata a colpi di fiducia, dopo un esame a tappe forzate (e notturne) in commissione.

Si fanno scudo dell'essere "legislatori a responsabilità limitata": minima capacità d'intervento, ma in compenso non devono dar conto dell'esito delle leggi che approvano.

Più grave, e politicamente rilevante, che la responsabilità non se la voglia prendere nemmeno il ministro titolare del Welfare, Maurizio Sacconi che ammette per i precari: "Una norma opinabile, per certi versi da noi subita". Promette un intervento per sistemare entrambe le questioni. La stessa promessa l'aveva dovuta fare il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta sui fondi per il rinnovo dei contratti degli statali due settimane fa e che non era entusiasta della soluzione sui precari.

Entrambi, non hanno avuto voce in capitolo sulla formulazione iniziale degli emendamenti e hanno dovuto, non senza qualche mugugno, piegarsi al rifiuto netto del ministero dell'Economia su nuove modifiche. L'unico emendamento che passerà sarà sull'articolo 60 perché richiesto dal presidente della Repubblica. "Altrimenti è a rischio l'approvazione nei tempi previsti" dice il sottosegretario Giuseppe Vegas. In realtà, Vegas ha il mandato di scongiurate la solita ondata di microspese inevitabile ad ogni passaggio parlamentare. Anche a costo di creare degli scontenti: ministri, deputati, poveri o immigrati che siano.

di LUCA IEZZI Repubblica (29 luglio 2008)

sabato 26 luglio 2008

STATO DI EMERGENZA PER IMMIGRATI


Quirinale: stupore e rammarico
Martedì Maroni riferirà in Parlamento




Il colpo di mano del Consiglio dei ministri che ha esteso all'intero territorio nazionale la dichiarazione di stato di emergenza per l'afflusso di cittadini extracomunitari sta destando serie preoccupazioni non solo fra le opposizioni, ma anche a livello istituzionale.

Significativo che il presidente della Camera Gianfranco Fini, appresa la notizia, abbia chiesto al governo di riferire entro martedì in Parlamento.

Il precedente provvedimento in ordine di tempo, varato il 14 febbraio 2008, prorogava al 31 dicembre 2008 lo stato di emergenza in Sicilia, Calabria e Puglia. La situazione, spiegava il decreto, determinava criticità ed episodi di alta drammaticità. L'attuale provvedimento estende lo stato d'emergenza a tutto il territorio italiano, fino al 31 dicembre 2008.

Anche dal Quirinale trapela un certo stupore e rammarico per le modalità di adozione di un provvedimento che tocca temi così sensibili. Ciò pur tenendo presenti tutti i precedenti in materia, compresi quelli relativi ai decreti adottati dal governo Prodi nel 2007 e nel 2008. Al Colle è stata rilevata in particolare la diversità delle interpretazioni date per spiegare il repentino ritorno alla estensione a tutto il territorio nazionale dello stato di emergenza.

Forse anche per questo il ministro dell'Interno Roberto Maroni nella sua conferenza stampa ha rivelato di aver avuto un colloquio telefonico con Napolitano e di avergli annunciato l'invio di tutta la documentazione.

Maroni ha poi cercato di ridimensionare il provvedimento: «E' solo una proroga di una proroga già approvata sia da Prodi che da Berlusconi e dunque non c'e niente da enfatizzare». Tornando al provvedimento varato dal Cdm ha poi spiegato «L'unica modifica apportata alla proroga di Prodi è estendere l'emergenza a tutto il territorio nazionale: il decreto del Governo Prodi la restringeva a Sicilia, Calabria e Puglia ma, essendo raddoppiati dal 2007 gli extracomunitari giunti in Italia, limitare l'emergenza a quelle tre regioni voleva dire non poter dare assistenza e accoglienza a quei clandestini».Poi motiva il provvedimento «perché gli sbarchi sono raddoppiati nel primo semestre 2008 gli sbarchi clandestini sono passati 5.368 a 10.611 per questo motivo abbiamo ritenuto doveroso estendere nuovamente lo stato di emergenza su tutto il territorio», ma anche aggiunge «per proseguire l'attività di contrasto agli arrivi di clandestini e per garantire loro una assistenza adeguata». E sulla richiesta avanzata dal presidente della Camera Gianfranco Fini di riferire alla Camera dice «non ho difficoltà ad andare in Parlamento e riferirò alla Camera martedì 29 luglio per ribadire la necessità di questo intervento sarà anche un'occasione per aprire un dibattito su un tema su cui il precedente governo non ha avuto la sensibilità di farlo». Le polemiche quindi secondo il ministro sarebbero basate «su pregiudizi e falsità, degne della peggiore politica italiana».


Le diversità di accenti sono venute dall'interno stesso della maggioranza. Ad esempio, lo stesso Maroni ha sostenuto che il provvedimento è motivato dal «persistente ed eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari» e serve a «potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno», mentre il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri ha invece detto che il provvedimento serve «per permettere alle strutture di organizzarsi per l'accoglimento e l'identificazione» degli immigrati.

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, dice che nella decisione sullo stato di emergenza «risponde solo a esigenze organizzative ma non saranno coinvolte forze armate».

E guardacaso i toni che non sono piaciuti al ministro sono quelli critici: dal Pd arrivano richieste di spiegazioni e critiche durissime. Il ministro dell'Interno del governo ombra del Pd Marco Minniti pone una necessità: «Poichè non è una decisione ordinaria, è assolutamente necessario che il governo spieghi immediatamente al Paese e al Parlamento le ragioni, le modalità e la finalità di tale iniziativa». Inoltre è evidente il fallimento di una certa politica:«Ho la sensazione - nota Minniti - che si continui, da parte di esponenti di questa maggioranza, a non comprendere che la politica degli annunci e delle emergenze urlate non funziona. Infatti, nonostante le durissime dichiarazioni di questi giorni, gli sbarchi sulle nostre coste sono triplicati rispetto all`anno scorso. Così - conclude l`esponente del Pd - si finisce soltanto per aumentare la preoccupazione e l`insicurezza della gente, esattamente l'opposto di quello che si dovrebbe fare». A proposito dell'intervento alla Camera, Minniti precisa: «Che l`opposizione chieda al governo di chiarire, non conoscendole, le ragioni e le finalità dei suoi provvedimenti, soprattutto su tematiche così delicate, non solo è un diritto, ma un sacrosanto dovere. D`altro canto - aggiunge - testimonianza di ciò è la tempestività con la quale il presidente della Camera Gianfranco Fini ha prontamente chiesto al governo di riferire in aula. Esempio di mala politica - conclude - è invece lasciare per cinque ore il Paese senza informazioni su questioni di straordinaria rilevanza e sensibilità».

Il governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola esprime preoccupazione e annuncia reazioni istituzionali: «Stiamo scivolando passo dopo passo fuori dalla democrazia. Questo è un pezzo di fascismo. Io da presidente della Regione proporrò alla conferenza dei presidenti di impugnare questa decisione davanti alla Corte Costituzionale». Mentre Paolo Ferrero, ex ministro della Solidarietà sociale parla di «decisione gravissima che segnala anche il fallimento della legge Bossi-Fini. E dal congresso di Rifondazione comunista a Chianciano, arriva un ordine del giorno contro la decisione del governo, votato all'unanimità.

Biasimo sull'operato del governo anche dall'Udc: per il vicepresidente della Camera, Rocco Buttiglione «l'Italia non ha bisogno di provvedimenti disumani e straordinari, ha bisogno di una legge severa e giusta capace di punire i colpevoli e tutelare chi viene qui per lavorare».

venerdì 25 luglio 2008

LA LEGA CONTRO IL PIANO PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

Questo articolo e' commentabile da parte dei visitatori del Blog

da Settegiorni del 25/07/08


Nerviano - No della Lega Nord Nerviano al Piano per il diritto allo studio 2008/2009 approvato nell'ultimo consiglio comunale. Il documento col quale la giunta comunale sostiene i progetti didattici è contestato dai leghisti: «No a un piano – scrive il responsabile stampa Massimo Cozzi in una nota - che riprende sostanzialmente i piani degli anni prima dell'allora amministrazione Lega-Gin, andando però chiaramente a peggiorarli per la parte ideologica inserita». Le Lega punta il dito contro diversi progetti: «Troviamo spesso le parole educazione alla pace e alla memoria, scelte come tema del cortometraggio "Ciak si gira!", troviamo poi una borsa di studio a tema intercultura, educazione democratica, tolleranza e solidarietà quali strumenti di integrazione tra i popoli e fondamenti costitutivi dell'educazione alla pace: cosa c'entra con Nerviano non è dato sapersi. Troviamo poi il progetto sull'ambiente, come al solito, affidato a Legambiente in una sorta di monopolio inattaccabile: con tutto il rispetto per questa importante e valida associazione, ci chiediamo perché non vengano contattate e coinvolte altre validissime associazioni che a Nerviano operano in tale campo. Un capitolo a parte merita il discorso della figura della mediatrice culturale per l'integrazione scolastica dei bambini di altre culture e nazionalità: ciò deve avvenire ed è importante però che avvenga senza interferire con la normale didattica di ogni giorno degli altri alunni. C'è poi l'auspicio che il consiglio comunale dei ragazzi, nel suo percorso, veda veramente la collaborazione di tutte le forze politiche per arrivare alla stesura del regolamento e non, come visto finora, uno strumento di propaganda nelle mani dell'amministrazione». E infine: «Grande rammarico – aggiunge Massimo Cozzi – nel constatare tra i numerosi progetti portati dall'amministrazione la totale mancanza di uno dove si racconti la storia e le tradizioni della vecchia Nerviano, occasione persa per far conoscere ai ragazzi come era la Nerviano di una volta».

«NIENTE CONTRASTI CON IDV»

Da Settegiorni del 25/07/08 Alessandro Luè
Nerviano - «Siamo uniti sul programma». A parlare è il sindaco Enrico Cozzi che ha deciso di rispondere così alle dichiarazione di parte della minoranza che vedeva nel rimpasto di giunta uno spostamento verso la sinistra e l'esclusione del partito dell'Italia dei Valori. Parte dell'opposizione, infatti, aveva lamentato che oggi, in maggioranza, l'Idv di fatto non c'è più: primo perché l'ex assessore alla Polizia locale Antonia Stranieri, dopo la sospensione durata più di un anno, si è vista ufficialmente ritirata la delega (ora nelle mani del vicesindaco Roberto Pisoni), secondo perché il consigliere comunale e presidente del consiglio nervianese Andrea Piscitelli, anch'esso dell'Idv come Stranieri, è passato recentemente al Partito democratico. «Nessuno ha voluto togliere voce all'Idv – ha spiegato il sindaco in consiglio presentando i due nuovi assessori, Domenico Marcucci alle Politiche sociali (che subentra a seguito delle dimissioni di Pio Petrosino) e Giovanni Serra alle Opere pubbliche -: quando è stata sospesa Stranieri non è uscita da loro nessuna riga contro il nostro programma in quanto si trattava unicamente della venuta meno del rapporto fiduciario tra assessore e il sottoscritto. Con l'Idv si è costruito il programma di lavoro. Si dice che ora la giunta è più spostata a sinistra ma in realtà siamo solo persone che si riconoscono in un unico obiettivo: il programma amministrativo. I problemi li possono vedere solo nel caso qualcuno non si riconoscesse in quest'ultimo». Cozzi è poi passato a illustrare la metodologia del rimpasto: «E' stato fondamentale ridisegnare le deleghe anche perché è stato rimodellata la struttura organizzativa dell'ente. Serra e Marcucci sono persone che godono della mia fiducia». E il sindaco conclude: «Mi sono mosso con le opportune modalità, vedremo se l'Idv farà, come detto, una verifica interna al partito per verificare se rimanere con noi. Nell'ultimo anno e mezzo, ripeto, da loro non è arrivata nemmeno una riga contro di noi».

martedì 22 luglio 2008

CON LE BEGHE NON SI FA LA GRANDE MILANO



"L'dea della città metropolitana è destinata a cambiare completamente il sistema dei poteri e delle istituzioni locali, ma avviarsi in quella direzione non può significare soltanto ridislocare alcune funzioni di governo".


Inizia così l'intervento del Segretario regionale Maurizio Martina pubblicato da Repubblica.


venerdì 18 luglio 2008

EZIO CASATI NUOVO SEGRETARIO METROPOLITANO


Ezio Casati è il nuovo segretario dell'area metropolitana di Milano del Partito Democratico.
E' stato eletto , con il 75 per cento delle preferenze, da oltre 8.000 partecipanti che si sono presentati alle urne, in 165 circoli.



Ezio Casati ha ricevuto le congratulazioni di Walter Veltroni, che giudica queste primarie "un ottimo risultato e una straordinaria prova di impegno e di vitalità» , il segretario regionale Maurizio Martina complimentandosi con Casati ha sottolineato come questa sia "Una tappa importante del nostro lavoro di radicamento in Lombardia"

Per il nuovo segretario bisogna "riconquistare la fiducia della gente. Dobbiamo lavorare a un PD che sappia intercettare i bisogni e riavvicinare le persone alla politica. Penso ai salari, alle carenze delle infrastrutture, ai problemi di chi vive nell' area metropolitana. Dovremo essere un partito di progetto anche su temi come l' Expo. E servirà un grande lavoro di squadra"

Queste elezioni sono state un ballottaggio tra Ezio Casati e Piervito Antoniazzi, che ha ottenuto il 25% dei voti in Provincia e un consenso più ampio, il 36%, a Milano ed ha commentato "è un dato di protesta significativo, il risultato conferma la necessità di ridiscutere il modello organizzativo del Pd. Serve un referendum sulle alleanze in Provincia e primarie per le candidature"


"SICUREZZA, DAL GOVERNO SOLO CHIACCHIERE"



Veltroni, Minniti, Damiano al sit-in davanti a Montecitorio con le forze dell'ordine.

Il mondo si è capovolto, la polizia protesta in piazza e interviene... l'opposizione!
(Tranquillo)

NERVIANO - PIANO DIRITTO ALLO STUDIO 2008/2009

Al di là dei compiti obbligatori, mensa, trasporto, assistenza psico-pedagogica, sostegno agli alunni diversamente abili, forniture materiale didattico, manutenzione immobili , acquisto arredo ed attrezzature, il Piano approvato da Consiglio Comunale di lunedì 14 con i soli voti della maggioranza si qualifica per gli interventi che favoriscono ed ampliano le offerte di progetti educativi elaborati dai docenti e, finanziati anch’essi dal Comune. Un piano che, pur differenziandosi nelle proposte, è complementare a quello elaborato, in piena autonomia, dalle istituzioni scolastiche.

Ad esempio per quanto riguarda l’area della scuola primaria alle proposte della scuola che riguardavano abilità e problematiche , non previste nei programmi ministeriali , quali musica , arte , teatro , danza e psicomotricità le proposte del piano riguardano progetti di attività sportiva , ambiente, educazione alimentare, teatro e drammatizzazione.
Tutti progetti atti a favorire nel ragazzo l’interazione con i compagni ed il mondo esterno .

Per la scuola dell’infanzia l’obiettivo è invece il benessere individuale e per la scuola secondaria il vivere sociale, con particolare riguardo alle tematiche relative ai diversi ed ai più deboli.

Un piano che si qualifica per un aumento di fondi per i progetti di attività integrative ed educative, aumento di fondi per Pre-post scuola per favorire i genitori che lavorano, aumento fondi per Centri Ricreativi Estivi e per la continuazione di progetti i che favoriscano la multiculturalità e la pace.

L’Amministrazione Comunale per la Scuole di Nerviano investe ben 941.000 Euro, a fronte di 157.000 Euro di entrate questo allo scopo di garantire la qualità del servizio e fornire ai nostri giovani cittadini i mezzi per una istruzione di qualità.

Coordinamento PD Nerviano

VELTRONI, LA RETE E IL PARTITO DEMOCRATICO

SIAMO TUTTI CLANDESTINI


La maggioranza uscita vincente dalle elezioni politiche anticipate, una volta giunta al governo del paese, ha concentrato in modo massiccio tutta la sua attenzione sul problema della sicurezza, dopo aver imposto l’intera campagna elettorale su questo tema, mescolando in modo ideologico in un unico calderone più aspetti. La strategia adottata ha previsto semplicemente l’equivalenza immigrazione uguale crimine e delinquenza, attribuendo la responsabilità di reati e fatti di cronaca nera soltanto alla presenza di differenti comunità di stranieri, protagonisti dei fenomeni di immigratori che negli ultimi vent’anni e forse più (e dunque non dal 2006 al 2008!) hanno riguardato in Europa anche la nostra nazione. Tutto questo come se nei decenni precedenti non si fossero mai verificate situazioni di illegalità e violenza. A causa della nostra scarsa memoria, all’improvviso sono quasi caduti nel dimenticatoio la mafia, la camorra, la criminalità organizzata, il brigatismo, che hanno a più riprese insanguinato le nostre strade, per non parlare di azioni nefande, come stupri, violenze, truffe, che molto spesso vengono compiute da individui considerati “insospettabili” (ad esempio, vedesi gli esiti delle indagini su certe cliniche private).
Si è scelto di limitare gran parte delle preoccupazioni in materia di sicurezza, comunque giustificate dalle gravi situazioni di differente naturale criminale che accadono, solo a quelle in cui protagonisti risultano essere persone aventi cittadinanza non italiana, stilando così una classifica delle nazionalità da cui maggiormente sarebbe opportuno guardarsi. Ciclicamente assistiamo, da parte soprattutto degli organi di informazione, ad una morbosa attenzione nel riferire fatti relativi a questo o quell’altro gruppo etnico o nazionale: oggi sono i ROM, della cui presenza sembra essersi accorti solo negli ultimi giorni, nonostante una loro presenza sul nostro territorio pluridecennale, confusi erroneamente con i rumeni, con cui molte volte poco hanno a che vedere (molti ROM, così come i SINTI, sono cittadini italiani), ma prima erano gli albanesi ad essere indicati come criminali incalliti, fino a quando non hanno preso il loro posto gli arabi, indicando con questo termine anche pakistani o iraniani, dai quali l’arabo molte volte non è neanche conosciuto, e non parliamo dei cinesi, che sembrano non morire mai.
Ma non sia mai che questo discorso sia frutto del nostro razzismo: in molti si preoccupano di precisare, tuttavia, che chi commette crimini non siano i regolari, ma coloro che si trovano nel nostro paese come clandestini, che senza il permesso di soggiorno non possono trovare un lavoro e dunque per sopravvivere sono costretti a delinquere. Peccato che a ben guardare la realtà non sia proprio così e molti clandestini operino nei cantieri edili, nelle imprese di pulizie o semplicemente in tante case di cittadini italiani, che li sfruttano e li pagano in nero senza denunciare la loro presenza, con grave danno per le casse del nostro Stato. In più, si può ben sorridere nell’ascoltare coloro che propongono di inserire nel nostro codice penale il reato di clandestinità, dare allo stesso tempo ragione a quelli che sostenevano e sostengono ancora interventi necessari per favorire lo svolgimento, in modo conforme alla legge, di determinate mansioni eseguite da stranieri, come badanti, colf o infermieri, lavori pesanti e spesso mal retribuiti, che vengono tante volte anche compiuti da chi non è regolare, non avendo mai ricevuto il permesso di soggiorno, pur possedendo i requisiti o essere nelle condizioni di riceverlo. Questo purtroppo può anche favorire situazioni di inaudita crudeltà, come l’assassinio del giovane rumeno a Verona da parte dei suoi datori di lavoro italiani per intascarsi la sua milionaria assicurazione.
Si continua a ripetere che gli stranieri servono al nostro paese: sicuramente, essi svolgono quei mestieri che vengono accuratamente evitati dagli italiani, soprattutto la gran parte delle nuove generazioni, che, non mostrando molta voglia nello studio, figuriamoci se poi vogliono faticare nell’assistere un anziano o un malato, oppure in una tetra fonderia; con il lavoro “straniero” si contribuisce all’elargizione delle pensioni dei nostri cari anziani e lo sanno bene certi nostri imprenditori, che preferiscono avvalersi del loro contributo rispetto a quello di tanti nostri connazionali, per motivi più o meni gradevoli, compreso il fatto che li possono pagare di meno, e già hanno manifestato una certa sofferenza di fronte al reato di clandestinità che si vuole introdurre. Tuttavia, la presenza degli stranieri, da qualunque nazione essi provengano, ci torna utile quando vogliamo esorcizzare le nostre paure, le nostre ansie, le nostre frustrazioni: sono i responsabili ideali di quanto negativo ci accade o ci circonda, perché se non troviamo lavoro, è colpa loro; se c’è la droga, perché essi la spacciano, anche se sono gli italiani i loro clienti migliori; se avviene un efferato omicidio che sconvolge le nostre tranquille cittadine, speriamo proprio che l’abbia compiuto uno di loro, affinché le nostre coscienze non possano essere turbate o vivere nell’angoscia più nera. Siamo sempre pronti a puntare il dito o alzare la voce se uno straniero compie un crimine contro un italiano, ma poi, se avviene il contrario, si preferisce stare zitti, come se ci si vergognasse ad affermare che un reato deve sempre essere punito, indipendentemente dalla nazionalità del suo autore.
Ci dobbiamo forse rendere conto che il vero problema è costituito dalla volontà, alimentata in modo strumentale da parte di taluni, di offrire una visione dell’immigrazione ormai quasi del tutto non più corrispondente al vero: in Italia tanti stranieri non fanno solo le badanti o i vu cumprà, o, ancor peggio, i criminali sanguinari; al contrario, tanti sono imprenditori, che danno lavoro anche agli italiani, oppure negozianti con attività diverse tra loro e molti, i figli di coloro che sono arrivati nel nostro paese, studiano con impegno nelle nostre scuole e nelle nostre università, riportando molto spesso risultati più alti di tanti nostri ragazzi, che pensano invece, in misura maggiore, a tutti i modi possibili per divertirsi ed evitare di fare fatica.

LE ELEZIONI DEL 13/4/2008: LA VITTORIA DELLA DESTRA, LA SCONFITTA DEL CENTROSINISTRA, L’OPPOSIZIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO

Per Il Partito Democratico riflettere sui risultati elettorali del 13 aprile, e sul ruolo di partito di opposizione è un impegno politico ineludibile.
La Destra ha vinto le elezioni perché ha capito che il Paese era insicuro e impaurito e ha puntato sulla sicurezza (microcriminalità, immigrati, rom) e sulle radici (siamo italiani, cristiani, europei); ha cavalcato l’antistatalismo sfruttando l’insofferenza contro la burocrazia e contro le tasse, ha fatto proprio l’egoismo territoriale proponendo un federalismo fiscale che premia le ragioni forti del Nord.
Ha colto lo spaesamento prodotto dalla globalizzazione formulando una strategia per difendersi da essa (Europa come fortezza che sappia proteggerci dal flusso di merci, persone, culture diverse e che trova nella radici giudaico-cristiane il proprio punto di riferimento -_Tremonti).
Insomma una destra meno liberale e meno liberista e più leghizzata. In questa vittoria c’è, comunque, un punto debole: se l’utilizzo della paura ha permesso alla Destra di vincere le elezioni, per governare serve la fiducia e la capacità di risolvere davvero i problemi.
Il Partito Democratico ha perso le elezioni in modo onorevole, ma le ha perse,
In sintesi, il Partito Democratico ha perso perché ha puntato al cambiamento, mentre la società voleva essere protetta e rassicurata; ha pagato la continua litigiosità dell’Unione; ha sottovalutato sia il malessere sociale determinato da PAURE fondate e in parte indotte che minacciano o minaccerebbero il corpo e gli averi, la propria identità e l’affidabilità dell’ordine sociale, sia la delusione di vari strati sociali in merito a prezzi e salari.
Tuttavia ci sono ragioni più profonde che stanno alla radiche di questa sconfitta che viene da lontano e non sarà di breve durata, sconfitta che nella storia politica del Paese chiude un ciclo e ne apre uno nuovo. Questo discorso vale anche per l’Europa: in un anno su dieci consultazioni elettorali soltanto una, quella di Spagna, ha dato la maggioranza alla sinistra. La Destra domina il continente europeo mentre la Sinistra è in difficoltà.
La Sinistra è in difficoltà perché oggi sono in crisi gli stessi valori di riferimento del campo riformista e progressista: dal futuro come promessa si è passati al futuro come minaccia e questo ha messo in discussione l’idea stessa del progresso; dell’eguaglianza come progetto si è passati al manifestarsi di disuguaglianze sempre più accentuate all’interno degli stessi Paesi sviluppati; dal conflitto capitale-lavoro si è passati al conflitto flussi (merci,…….., persone, infrastrutture) – luoghi (vedi TAV, basi Nato di Vicenza, il campo Rom di Opera); dalle vecchie e sfibrate appartenenze (classi sociali, partito, sindacato) si è passati all’identità elementare del territorio di appartenenza (vedi operai che votano Lega), dalla fiducia nella ragione si è passati alla paura e alle spinte irrazionali tese alla ricerca di un capro espiatorio su cui scaricare tutte le tensioni; della valorizzazione della democrazia si è passati alla sua crisi sia perché il sistema democratico è stato spogliato di parte delle decisioni economiche che dall’area democratica sono passate a quella capitalistica sia perché la società è percorsa da spinte populiste e autoritarie.
Inoltre si è fatta spazio l’idea che governare la globalizzazione (come propone il Partito Democratico) sia difficile se non impossibile, meglio difendersi da essa (proposta della Destra leghizzata).
Tuttavia, la storia è li a ricordarci che ogni sfida mancata presenta poi il suo conto.
Basti pensare alle tre occasioni mancate nella nostra storia a partire dall’età moderna e alle gravi conseguenze che hanno determinato: nel XV-XVI secolo l’Italia perse la sfida della costruzione dello stato unitario a causa del particolarismo politico delle sue classi dirigenti con il risultato che iniziò la dominazione straniera durata fino al 1860; nel XIX secolo l’Italia perse la sfida di una rivoluzione industriale in grado di modernizzare l’intero Paese a causa di un compromesso conservatori tra industriali del Nord e agrari del Sud e questo comporterà sia l’accentuarsi del divario tra Nord e Sud sia l’esplodere del fenomeno migratorio; nel XX secolo, l’Italia perde la sfida dell’integrazione democratica delle masse nello stato a causa della debolezza della proposta politica dei liberali giolittiani e delle stesse divisioni all’interno della sinistra e la conseguenza per il fascismo per 21 anni.
Oggi, la sfida è la globalizzazione: governarla gestendo il futuro o difendersi da essa gestendo il nostro declino?
Al campo riformista e progressista spetta un compito difficile: reinventarsi il proprio profilo identitario e programmatico fornendo risposte credibili e in grado di aggregare vasti consensi sociali.
Veniamo, ora, al problema di quale opposizione debba fare il Partito Democratico.
Come è noto il P.D. ha rinunciato all’antiberlusconismo, puntanto su un bipolarismo maturo in cui le coalizioni si formano per governare e in cui i due poli non si delegittimano a vicenda.
Se questa prospettiva politica dovesse consolidarsi, sarebbe la fine di quell’Italia divisa che ha caratterizzato la nostra storia dal 1800 in poi; nell’Italia liberale (del 1861) ci furono varie opposizioni(cattolica intransigente, repubblicana mazziniana, anarchica, plebeo reazionaria) che non riconoscevano legittimità allo Stato unitario monarchico appena sorto; nell’Italia fascista e durante la Resistenza ci fu la irriducibile e giusta contrapposizione tra fascisti e antifascisti; nell’Italia della prima Repubblica ci fu il fattore K (esclusione del Partito Comunista dal governo nazionale per i suoi legami con l’URSS) pur all’interno di una comune cornice costituzionale; nell’Italia della seconda Repubblica c’è stata la contrapposizione tra filoberlusconiani e antiberlusconiani.
Quindi, si alla scelta del Partito Democratico di praticare il dialogo sulle riforme istituzionali ma No al consociativismo, mantenendo una memoria vigile su quello che Berlusconi e la Destra hanno fatto e significato nel recente passato.
Il P.D. deve, perciò, praticare una forte opposizione sui contenuti e per far questo deve avere la forza di far emergere le proprie priorità e proposte, sia in Parlamento sia nella società.
Il P.D. deve anche rafforzare il suo profilo identitario e il suo radicamento territoriale e sociale, portando a compimento la costruzione del Partito e le sue scelte strategiche (congresso).
Parlare di opposizione vuol dire anche parlare di alleanze.
Il P.D. deve confermare la sua vocazione maggioritaria, ma deve ricercare su temi specifici convergenze con le altre forze di opposizione.
In particolare, si pone il problema politico di quale rapporto instaurare con la sinistra radicale, alla luce sia del dibattito che la sconfitta sta innescando in questa area (puntare tutto sul sociale e/o procedere ad una ristrutturazione politica) sia delle alleanze locali in vista delle prossime elezioni amministrative.
Si pone, infine, un problema cruciale: come rapportarsi con quelle parti del Paese (Nord-Est, sud, Isole) in cui il P.D. è minoritario.

giovedì 17 luglio 2008

BIRMANIA


Domenica 25/05 /08 si è tenuto a Nerviano un incontro con Beaudee Zawmin,rappresentante di EURO BURMA, un'organizzazione istituita nel 1997 e finalizzata alla promozione della democrazia nell'ex-Birmania.
Spesso accade che eventi più o meno tragici permettano a noi occidentali di venire a conoscenza di realtà lontane che, altrimenti, continueremmo ad ignorare. E' il caso di un Paese del sud-est asiatico, il Myanmar, che per ben due volte nell'ultimo anno ha destato la preziosa attenzione dei media occidentali. Nel settembre scorso grazie alla “rivoluzione zafferano” abbiamo avuto notizia della preoccupante situazione politica in cui si trova uno Stato del quale, probabilmente, la maggior parte di noi ignorava l'esistenza. Il Myanmar, Paese grande due volte l'Italia e che fino al 1989 si chiamava Birmania, è oppresso da ormai più di 20 anni da un governo militare che è succeduto ad altri trent'anni di regime dittatoriale. Dittatura dopo dittatura, oppressore dopo oppressore. Nel '90 si erano tenute delle libere elezioni (le prime dopo trent'anni!), vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia guidata da Aung San Suu Kyi. La volontà degli elettori è stata subito calpestata: la giunta militare s'è rifiutata di cedere il potere, i leader dell'opposizione sono stati imprigionati o costretti all'esilio. San Suu Kyi è tuttora agli arresti domiciliari, con un provvedimento che viola la legge birmana sulla massima lunghezza possibile della detenzione domiciliare nei casi per i quali non sia stato istituito regolare processo.
La giunta militare continua tutt'oggi a calpestare i diritti umani più elementari e a non permettere una libera opposizione. Nelle trentasette carceri birmane sono imprigionati milleottocento leader politici. Molti di essi sono malati o già deceduti a causa dei trattamenti disumani o della mancanza di farmaci.
La pacifica protesta di settembre 2007 , iniziata dai monaci, poi affiancati dal popolo, è stata repressa con terribile violenza. La Marcia per la Pace Perugia-Assisi dell'ottobre scorso si è svolta soprattutto nel nome della causa birmana. Lo ricorderanno i nervianesi che vi hanno partecipato usufruendo del pullman messo a disposizione dall'amministrazione comunale (tra questi, alcuni alunni della locale scuola media).
Purtroppo l'attenzione per il Myanmar era poi sciamata, catturata dalle tante notizie che da tutto il mondo arrivano ad affollare quotidianamente i nostri media. E' stato il ciclone di qualche mese fa a riportare la Birmania nella nostra quotidianità televisiva e giornalistica. La situazione è, ora più che mai, drammatica: 125000 dispersi, 2500000 persone senz'acqua potabile, cibo, casa. Il governo ha subito bloccato gli aiuti internazionali e solo qualche mese fa ha promesso di farli entrare ma, come ha puntualizzato Zawmin, “molte volte le promesse del governo militare sono rimaste parole vuote”.
Zawmin tuttavia si augura che questo funesto avvenimento possa costituire l'occasione per un'apertura della giunta al dialogo con l'opposizione. Opposizione che con forza e da anni chiede non già che i rappresentanti di quello che dovrebbe essere il governo legittimo vengano riconosciuti e accreditati come tali. No, ciò che si sta domandando è qualcosa di più basilare: quelle garanzie di libero confronto e dialogo che negli ultimi tempi anche in Italia sembrano esser state più volte considerate scomode “gatte da pelare (o imbavagliare)” piuttosto che diritti garantiti dalla Costituzione.
Dal '94 l'UPF (Universal Peace Federation) chiede all'ONU di istituire un tavolo a tre per il dialogo, tavolo che comprenda il regime militare, l'opposizione e i leader dei diversi gruppi etnici presenti nel Paese. L'esigenza di dialogo è sentita forte dall'opposizione in virtù della viva preoccupazione per il futuro del Paese. Diviene chiaro che il governo militare è considerato realtà di fatto e non ignorabile. Ciò che appare altrettanto chiaro è, nel suo rifiuto a tale dialogo, la grave miopia del governo, al quale sfugge forse lo sconfortante quadro d'insieme dell'ex-Birmania. L'esercito, dal quale il regime è supportato, è ormai divenuto un organo a se stante, con pieni poteri, che si comporta sempre più spesso come una cellula impazzita all'interno di un apparato governativo di fatto impotente. L'esercito birmano è costituito da 400000 militari più70000 bambini soldato, per il governo diventa sempre più difficile riuscire a sostenere economicamente il loro lavoro, così succede che alcune basi militari si rendano protagoniste di razzie, violenze e vessazioni ai danni della popolazione e che spesso i contadini siano costretti a convertire la produzione dei propri campi in coltivazione di oppio, del quale poi i militari sono gli unici compratori. Il governo centrale non riesce a controllare l'attività dei vari gruppi militari dislocati nel territorio.
Gli alti costi militari costringono il governo a dedicare nemmeno il 2% delle risorse alla lotta contro l'analfabetismo, la malnutrizione, le malattie. Un adulto su nove è affetto da HIV e due bambini su cinque sono già orfani. Senza dubbio questa situazione comporterà nel tempo un grosso sforzo economico e sociale che il governo birmano, qualsiasi esso sarà nel futuro, dovrà affrontare. E' questa la ragione per la quale l'opposizione mostra di tenere in gran considerazione la possibilità di aiuto da parte dei rappresentanti della giunta militare in un futuro prossimo di dialogo e cooperazione.
Zawmin e altri rappresentanti dell' UPF stanno visitando vari Stati con il fine di sensibilizzare la comunità internazionale e spingere il regime militare a prendere in considerazione le forze d'opposizione. “L'unica cosa di cui han paura è l'opinione, la pressione, internazionale”, ha sottolineato Zawmin. La Cina è il Paese che maggiormente potrebbe influire sul regime birmano. Questo in virtù degli interessi economici che legano i due Paesi (la Birmania grazie alla sua collocazione geografica si trova ad essere uno “Stato cuscinetto” tra le due maggiori potenze asiatiche, Cina e India. E possiede enormi risorse energetiche delle quali la Cina vuole assumere il controllo esclusivo).
Il governo cinese potrebbe giocare dunque un ruolo di primo piano nell'apertura di trattative tra regime birmano e opposizione. La Cina è però, purtroppo, anche il primo Paese (insieme all' ”amica” Russia) a sostenere il regime. Anche questo in virtù degli interessi economici.
La Cina è anche il Paese che più di recente ha beneficiato dell'attenzione internazionale, per due motivi. Uno, perché la comunità internazionale si è prodigata per elargire aiuti umanitari a quella parte di popolazione colpita dal sisma. Due, perché la Cina sarà il Paese ospitante delle imminenti Olimpiadi. Nella situazione contingente questa nazione si trova dunque ad avere gli occhi del mondo puntati addosso. Euro Burma e UPF chiedono alla comunità internazionale di sfruttare il momento e far pressione sul governo cinese affinché interceda positivamente sul regime birmano. Zawmin ha altresì puntualizzato l'importanza di un'attenzione costante, duratura, che non si fermi quando si spegneranno i riflettori dei campi e dei palazzetti olimpici. La Birmania non deve più cadere nel baratro della memoria persa solo perché - come si spera- nessun' altra calamità naturale riporterà i flash dei nostri reporter sul suo territorio.
Nel 2015 l'Italia, Milano in particolare, ospiterà l'EXPO. E, allora, gli “occhi del mondo”saran puntati su di noi. Perché non pensare di programmare una serie di iniziative che, di volta in volta, mantengano vivo un legame effettivo e attento con la causa birmana? Cosa arriverà, qualcuno ha domandato a Zawmin a conclusione dell'incontro, delle nostre parole e azioni di sostegno ai leader giovanili, politici, religiosi che lottano ogni giorno così lontano da noi? Zawmin ha risposto sottolineando l'importanza che per il popolo birmano ha la notizia anche di una singola lettera in suo favore: “Il popolo birmano ha bisogno di sapere che non è solo”.A questo proposito è stata creata a Oslo una stazione radio che viene recepita in Birmania nella lingua delle diverse etnie. L'UPF tramite la radio fa pervenire ogni notizia di iniziativa di sostegno o solidarietà.
Chi volesse, quindi, mandare lettere indirizzate al governo cinese, raccolte di firme, notizie di iniziative di solidarietà o anche un semplice ma apprezzato messaggio di sostegno può inviare il tutto via mail all'ufficio di Euro Burma (che si trova a Brussels), del quale Baudee Zawmin è direttore:
burma@euro-burma.be