giovedì 30 ottobre 2008

DIFENDIAMO LA SCUOLA PUBBLICA

Pubblichiamo il testo della mozione approvata dal Consiglio Comunale di Nerviano con i voti favorevoli della maggioranza (Ulivo - Italia dei Valori) il voto contrario di Forza Italia, Nerviano 2011 e GIN e l'assenza della Lega Nord


Il Consiglio Comunale di Nerviano

- Esprime preoccupazione di fronte alle proposte di modifiche della Scuola pubblica italiana annunciate ed in parte realizzate da parte del governo.

- Denuncia il metodo utilizzato, in quanto non ha visto il confronto con il mondo della scuola ed un coinvolgimento del Parlamento. Le modifiche di una parte così importante della società non si fanno con i decreti legge.

- Non condivide alcune decisioni prese quali:
• Taglio delle risorse di 7.800 milioni di Euro nei prossimi quattro anni.
• Riduzione di 87.000 docenti di fronte ad un previsto aumento di alunni
• Riduzione delle ore di lezione e di materie
• Chiusura di plessi e scuole con meno di 500 alunni.

- Avverte che questa politica non potrà non pesare sulla qualità della didattica anche a Nerviano perché avrà come conseguenza:
• Classi più numerose
• Maggiori difficoltà di inserimento per gli alunni diversamente abili
• Problemi di inserimento per gli alunni figli di immigrati, con maggiori difficoltà di insegnamento nelle classi, per carenza di mediatori culturali
• Riduzione delle materie scolastiche
• Rischio di mantenimento del tempo pieno e prolungato

- Fa notare che non essendo più garantita la frequenza nel pomeriggio le maggiori conseguenze ricadranno sui genitori ed in particolare su quelli che lavorano
- Non è d’accordo nello scaricare sugli enti locali ulteriori supplenze per il funzionamento della scuola. Un aumento degli interventi, per garantire lo svolgimento di attività didattiche nel pomeriggio, non sarebbe possibile senza maggior costo delle tariffe per i cittadini nervianesi.
- Si associa pertanto alle richieste di revisione e modifica del progetto governativo attuale, espresso in molte maniere dal personale scolastico e dai genitori
- Chiede alla forze sociali e politiche l’impegno affinchè si realizzi una Riforma discussa, vagliate e condivisa dalla grande maggioranza del mondo della scuola e della società civile.
- Considera la necessità di avere come presupposto politico, non la visione dell’istruzione pubblica come “Capitolo di spesa” ma come “Investimento e Risorsa” per offrire una Scuola pubblica in grado di garantire la crescita civile e culturale dei cittadini adulti di domani e di oggi.


Il Capogruppo “Ulivo – Italia dei Valori”
Pasquale Cantafio

martedì 28 ottobre 2008

DOPO MALPENSA PRECIPITA ANCHE LINATE: -14 PER CENTO DI PASSEGGERI IN OTTOBRE


La crisi economica si abbatte su Linate che stava cercando di mantenersi in linea di volo dopo il divorzio di Alitalia, che ha messo in ginocchio Malpensa. Nelle ultime tre settimana di ottobre, lamenta il presidente della Sea Giuseppe Bonomi, i passeggeri in transito dal Forlanini sono diminuiti del 14 per cento. Poiché Linate, come sottolineano fonti delle compagnie straniere operanti sullo scalo meneghino, ha una clientela quasi esclusivamente di affari, il calo dei passeggeri è la prova provata che la crisi economica non fa distinzioni.

Su Malpensa è invece tornato il presidente della Provincia Filippo Penati, il quale non si rassegna a considerarlo come uno scalo di serie B: "Oggi è un piccolo aeroporto regionale, ma il suo futuro non può essere confinato alle compagnie low cost. Potrà continuare a vivere se, al posto di Alitalia e Cai che cancellano voli, arriveranno nuovi vettori per collegare Milano e la Lombardia ai cinque continenti": "Se non interviene - ha sentenziato Penati - il Governo firmerà il certificato di morte dello scalo".

Questa sera alle ore 21 FILIPPO PENATI incontra gli amministratori, i Coordinatori dei circoli e gli iscritti al PARTITO DEMOCRATICO del Castanese, Magentino e Legnanese presso la Sala Civica S. Pertini via Battisti 11 a NERVIANO

mercoledì 22 ottobre 2008

FOA: ANTIFASCISTA, INTRANSIGENTE, MAI STATO COMUNISTA


di NICOLA TRANFAGLIA


Vittorio Foa lascia un vuoto straordinario in chi scrive come in tutta la sinistra italiana ed europea. È stato, per un tempo assai lungo, una personalità che riusciva ad unire la simpatia umana, la concretezza dell’uomo d’azione con la limpidezza del pensiero e l’ottimismo nell’avvenire.



L’avevo conosciuto più di trent’anni fa e per i settant’anni gli avevo fatto una lunga video-intervista con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio sugli anni della sua cospirazione antifascista.

Già perché Vittorio (che quest’anno aveva appena compiuto novantotto anni) era stato arrestato a Torino già nel 1935 grazie alla soffiata di un confidente dell’Ovra fascista e fu per dodici anni prigioniero a Regina Coeli e in altri carceri come militante di Giustizia e Libertà, il movimento fondato da Carlo Rosselli ed Emilio Lussu. Liberato nell’agosto 1943 aveva condiviso a lungo la cella con altri noti antifascisti come Ernesto Rossi, Massimo Mila e Riccardo Bauer.

Appena libero fu, con Ugo La Malfa, segretario del Partito di Azione,eletto quindi nel 1946 deputato del Pda e poi, sciolto il Partito di Azione nel 1947, deputato del Partito Socialista Italiano per tre legislature.

Nel 1948 aderì alla Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil di cui divenne, sette anni dopo, segretario nazionale.

A metà degli anni sessanta aderì al Partito Socialista di Unità Proletaria di cui divenne uno dei maggiori dirigenti nazionali e nel 1992,dopo esser stato senatore indipendente nelle liste del Pci nella legislatura precedente, decise di lasciare la politica attiva.

Si dedicò a scrivere libri in gran parte autobiografici. Tra i tanti che ha pubblicato voglio ricordare in particolare Il Cavallo e la Torre (Einaudi, 1991)che raccoglie una sorta di personalissima e godibile autobiografia, Questo Novecento (Einaudi, 1996) che ci restituisce la sua visione problematica e acuta del secolo ventesimo e le sue Lettere della Giovinezza (1935-1943) pubblicate sempre da Einaudi nel 1998.

Tra queste ultime che portano il lettore nelle carceri fasciste, ricordo sempre quella scritta subito dopo la caduta del fascismo il 25 luglio del 1943: «Al mutamento radicale nella situazione politica del paese non corrisponde purtroppo un adeguato mutamento nella situazione interna del carcere. Qui tutto è sostanzialmente immutato, ossia fascista». Parole profetiche per la crisi italiana, potremmo dire.

Le idee essenziali che hanno caratterizzato in vari momenti la riflessione dell’uomo politico torinese mi paiono oggi più che mai attuali. Foa era, dagli anni trenta, un europeista convinto che aveva visto assai presto la necessità storica dell’unione dei popoli e degli stati europei dopo la catastrofe fascista, almeno in parte dovuta ai nazionalismi che avevano prevalso dopo la prima guerra mondiale nel vecchio continente.

Il secondo punto forte delle sue idee era quello delle autonomie locali e delle comunità umane più piccole mortificate dal centralismo francese , come da quello italiano, negli anni del liberalismo e, ancor più, del regime fascista.

Infine Foa si preoccupava della frammentazione politica che aveva caratterizzato, nel periodo liberale,come in quello repubblicano,la partecipazione politica ed elettorale e si pronunciò più volte per un sistema elettorale maggioritario che mettesse insieme le forze affini e rendesse più efficiente il sistema politico.

Non era mai stato comunista ma collaborò nella Cgil, come nei partiti di sinistra, con i comunisti italiani e riuscì sempre a mantenere la sua autonomia di pensiero e di azione.

Il suo antifascismo nacque e rimase sotto il segno della intransigenza sui valori di fondo che erano le libertà civili dei cittadini e la solidarietà sociale. In questo senso militò nel movimento sindacale con grande passione ed ebbe per Giuseppe Di Vittorio una particolare amicizia e venerazione soprattutto per la sua umanità e la capacità di difendere gli interessi dei lavoratori, senza dogmatismi né rigidità.

Intervistato l’anno scorso da un telegiornale italiano, Foa disse, non a caso: «Bisogna guardare la concretezza dei fatti... Dobbiamo vedere non le idee generiche, ma come si possono realizzare le cose». Sono del tutto d’accordo con lui.

La politica italiana, purtroppo, è sempre stata,anche a sinistra, piena di idee astratte e scarsa di fatti concreti. Di qui l’importanza di una personalità come quella di Vittorio Foa che ha dimostrato,in tutta la sua vita, di privilegiare l’esperienza concreta rispetto alle discussioni fumose che piacciono tanto a molti politici e intellettuali del nostro tempo.

In questo senso, essendo quasi centenario, Vittorio restava un uomo giovane e vivo per il suo tempo.

da: L'Unità 21 ottobre

lunedì 20 ottobre 2008

A SPASSO PER MILANO CON IL TOTEM DI 02PD SULLE PROMESSE MANCATE DEL GOVERNO

20/10/2008



Parole parole parole. A guardare il totem-countdown con l'impietoso resoconto delle promesse mancate del Governo Berlusconi, che i militanti di 02pd hanno giocosamente portato a spasso tra piazza della Scala e il Duomo, viene in mente la canzone che Mina cantava anni fa con il sottofondo della voce di Alberto Lupo. Promesse come parole al vento quelle che il totem, simile al display che davanti alla stazione Centrale scandisce il conto alla rovescia all'entrata in funzione dell'alta velocità ferroviaria, ha squadernato sotto gli occhi dei milanesi: + 202 giorni di ritardo per il decreto sulla governance dell'Expo; + 140 milioni regalati a Catania; + 500 milioni donati a Roma; - 150 milioni a Milano. Ecco i numeri del Governo del "milanesissimo" Berlusconi, che documentano la diversità di trattamento riservata a Roma e Catania rispetto a Milano e al Nord. E che fanno venire le convulsioni a quelli della Lega, amicissimi di Silvio, e li obbligano a fare le contorsioni per giustificarsi, invano, dall'aver perso la faccia.
Il countdown esposto oggi nel salotto di Milano proseguirà sul sito www.02pd.it. "Con la speranza - ha detto il consigliere comunale del Pd Pierfrancesco Maran - di disattivarlo quanto prima. Significherà che almeno il decreto Expo è arrivato e che Milano potrà mettersi al lavoro essendo finalmente terminata l'indegna lotta per le poltrone".

Da: http://www.democraticiamilano.it

sabato 18 ottobre 2008

MALATI DI RANCORE





Abbiamo letto nei giorni scorsi questa riflessione di Paola Pessina (già Sindaco di Rho) ci sembra molto interessante.
La pubblichiamo invitando i visitatori a commentare.







Fausto Cristofoli e suo figlio Daniele hanno finito a sprangate un ragazzo italiano di pelle nera di 19 anni, Abdul Guiebré, che con due coetanei li aveva infastiditi all’alba nel loro bar, a Milano. L’amministrazione milanese non ha perso un minuto a diramare la parola d’ordine: non è razzismo. Milano e Italia assolte. Con la coda di paglia di chi ha costruito la campagna elettorale della destra vincente a Roma e nel Paese sull’omicidio di Giovanna Reggiani da parte di un balordo rom, Matteo Salvini della Lega mette le mani avanti: "Tutto il mio disprezzo a chi strumentalizza". Per chi si permettesse di dissentire dalle parole d’ordine, disprezzo. Tanto per cambiare: una goccia in più nella marea già montante del rancore. Se la dignitosissima famiglia Reggiani avesse sputato lo stesso disprezzo su chi ha strumentalizzato a proprio vantaggio la morte di Giovanna, quanti starebbero ancora lì ad asciugarsi la faccia? C’è chi il rancore si sforza di spegnerlo, e chi di attizzarlo, in questo Paese. E lo chiama sicurezza.
L’Assessore alla sicurezza in Lombardia è Piergianni Prosperini di AN: per ruolo dovrebbe estinguere i focolai di tensione, e invece è la star di tutte le risse televisive in tema di convivenza civile. La sua analisi: “Ovvio che mi spiace per come è finita questa storia [come no! quelli che la sanno lunga come lui, ce l’hanno proprio stampato in faccia, il dispiacere …] ma parliamo di un giovane che è stato ucciso alle 5,30 del mattino mentre andava al Leoncavallo dopo aver rubato in un bar [inquadrato in 3 stereotipi il ragazzo: vagabondo, comunista, ladro]. Si tratta di una rissa finita male. Stiamo parlando di due individui che vedendosi derubati hanno reagito come fanno normalmente persone che hanno quei precedenti penali, ovvero decisamente male [liquidati in 2 stereotipi i baristi: pregiudicati, rozzi]. Cosa volete che c’entri il colore della pelle in un caso simile?” Già, che bisogno c’è di uno stereotipo in più? I 5 elencati bastano e avanzano a chiudere il fatto in cronaca di ordinaria violenza metropolitana.
E invece non è ordinaria. Parliamone. Perché la cura del problema non dipende dal decidere se Milano è malata o no di razzismo. Ma dall’ammettere che Milano – l’Italia – è malata di rancore. Una malattia che si sta aggravando proprio con l’esasperazione di luoghi comuni, consolatori o accusatori secondo il gioco delle parti. Ci vogliono onestà e coraggio per scavare oltre, in questo e negli altri omologhi episodi che si moltiplicano, con le stesse dinamiche. Se Abdul avesse avuto la faccia bianca, probabilmente i baristi avrebbero visto in lui quello che era: solo uno dei tanti figli italiani senza regole, in giro a far danni di notte, con cui chi lavora in periferia ha a che fare anche troppo spesso. Nostri. E la spranga si sarebbe fermata prima del massacro. Ma di fronte a chi porta in faccia la diversità, “i nostri” non ci hanno visto più: Abdul non è “dei nostri”. E’ sul “bastardo” che la spranga non ha più inibizioni. O invece immaginiamo che la spranga colpisca a morte comunque, e a terra ucciso resti un qualunque diciannovenne bianco, lui sì dei “nostri”. Quale il giudizio dell’opinione pubblica? Chi si stava difendendo da chi, tra un figlio di mamma ladruncolo incauto e due adulti con precedenti penali proprio per reati contro il patrimonio?
Ma Abdul – italiano - la pelle ce l’ha nera. Perciò non solo non è più “dei nostri”, ma non è più neanche un individuo; viene chiuso a chiave dentro una categoria: quella degli “intrusi”. E’ la paura covata che diventa rancore; impedisce di identificare gli altri uno a uno come persone, e li fa percepire in blocco come minaccia: il nemico. I baristi pregiudicati di periferia, penultimi della fila, hanno sfogato sull’ultimo la paura di aver paura. Sono spesso i penultimi, i più spietati con gli ultimi. Perché tocca a loro viverci gomito a gomito, da soli; ed è l’incontro con qualcuno più “intruso” di noi che sveglia il terrore di ripiombare in fondo, di perdere le posizioni precariamente conquistate, di esporre una “diversità” che ci rende vulnerabili.
Cambiano le cose, oh se cambiano, quando è il rancore degli altri che ci cancella come persone, e ci chiude a chiave in una categoria di ultimi da cui nessuno sforzo ci riscatterà. Nell’aria inquinata che respiriamo, il rancore dei luoghi comuni corrode peggio della diossina. E per liberarsene non c’è che l’esercizio testardo, controcorrente, del guardarsi negli occhi e rinforzare gli anelli più deboli: sono loro i più esposti, saranno loro a cedere per primi. Ma il conto del rancore siamo tutti, a pagarlo.

Paola Pessina

giovedì 16 ottobre 2008

LA SCUOLA PUBBLICA STA PER ESSERE SMANTELLATA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

A cura di Andrea Piscitelli

IL PROGETTO DI SCUOLA NASCOSTO DIETRO LE BUGIE DEL MINISTRO GELMINI

Un attacco feroce che non ha precedenti nella storia della Repubblica, sta per cambiare le sorti dei nostri ragazzi, e tutto ciò fra l'indifferenza e l'arroganza di un ministro che all' opinione pubblica racconta le "sue" verità, basate su un' interpretazione distorta e non veritiera di dati statistici.
Alle famiglie viene detto che i ragazzi trascorrono troppo tempo sui banchi di scuola, che ci sono troppi insegnanti e troppi bidelli a fronte di risultati modesti, che la scuola non può essere considerata uno stipendificio e un ammortizzatore sociale, deridendo una categoria, quella dei docenti, che opera con impegno e spirito di abnegazione al servizio dello stato e della società. Il tutto attraverso una campagna mediatica condotta ad hoc, volta a far credere ai cittadini che i problemi della scuola si risolvono con voti in pagella e grembiulini, tacendo invece su quello che è l'unica, vera volontà del governo: fare cassa a discapito della qualità dell'insegnamento offerto agli alunni senza tenere conto delle esigenze delle famiglie.
Infatti...
NON E' VERO come afferma il ministro che i dipendenti del MIUR siano 1.300.000, ma 1.125.975 (Dati MPI - la scuola in cifre).
NON E' VERO che il 97% del bilancio del MIUR viene speso in stipendi, ma il dato reale è il 78,8% (dati OCSE - studio Education at a glance), in linea con gli altri paesi. E' vero invece che il MIUR si limita SOLO a pagare gli stipendi, investendo appena il 2,8% del P.I.L., rispetto al 3,80 % di media dei paesi europei. (dati OCSE - Education at a glance).
NON E' VERO che la spesa per la scuola è continuamente cresciuta negli ultimi anni, infatti la quota di spesa complessiva è scesa dal 12,6 del '90 al 10,6 del 2005 (dati ISTAT). Ciò è dovuto ai continui tagli operati dai vari governi in questo settore. E ancora: se tra il 1995 e il 2005 gli investimenti nella scuola dei paesi europei sono aumentati del 41%, in Italia l'incremento è rimasto contenuto al 12%. (dati OCSE - education at a glance).
NON E' VERO che i docenti aumentano mentre gli alunni diminuiscono. Dall'anno scolastico 2001/02 fino all'anno scolastico 2007/08 gli alunni sono costantemente cresciuti mentre i docenti sono calati del 4,5% (dati MPI - la scuola in cifre).
NON E' VERO che è opportuno che il bambino abbia un solo punto di riferimento nella scuola primaria. Infatti, associazioni pedagogiche di spicco come il SIPED, SIRD, CIRSE, e SIREF sono nettamente contrarie al ritorno di questa figura, connotandola in modo negativo e anacronistico.

NON E' VERO che i risultati della scuola italiana siano pessimi: gli allievi delle scuole secondarie di secondo grado di Veneto, Lombardia e Piemonte hanno raggiunto nei test risultati molto vicini a quelli degli allievi della Finlandia, additata dal ministro come esempio per il paese. Inoltre, le famiglie italiane hanno mostrato un gradimento nei confronti della scuola pubblica dell' 80% (dati OCSE - education at a glance), superiore alla media europea (78%).
NON E' VERO che i docenti del sud sono meno preparati dei colleghi che operano al nord e necessitano di apposito aggiornamento, poiché nelle strutture scolastiche del nord operano e ottengono brillanti risultati moltissimi docenti provenienti dal sud, il cui "ritardo" è pertanto da individuare in fattori sociali, economici e strutturali che il ministro dovrebbe conoscere e contribuire ad eliminare.

Ecco invece quello che, sulla base delle disposizioni ministeriali e degli effetti della legge 112/08 e dell'approvando DL 137/08, il ministro dovrebbe dire alle famiglie:

- Molti docenti di ruolo saranno individuati come soprannumerari e saranno pertanto costretti a cambiare sede, il che significa che la continuità didattica non sarà garantita e che i ragazzi potrebbero dover cambiare insegnante anno dopo anno.

- Le scuole aventi un numero di allievi inferiore a 100, ubicate nei piccoli centri, saranno chiuse, il che comporterà un enorme disagio per gli alunni ( costretti ad intraprendere ben presto una vita da pendolari), per le famiglie e per i Comuni, a carico dei quali verrebbero a gravare le spese per i servizi legati al trasporto degli alunni pendolari.

- L'orario di insegnamento nella scuola primaria sarà ridotto a 24 ore settimanali, insufficienti a garantire il rispetto dei tempi di apprendimento propri di ciascun alunno.
Non ci saranno più né pluralità dei docenti né compresenze, il che significa che non sussisteranno le condizioni per permettere attività di recupero per alunni con difficoltà di apprendimento, gite d'istruzione, visite guidate e una didattica aperta al territorio.

- Il tempo pieno non sarà garantito a tutti, perchè solo le scuole del nord sono dotate delle infrastrutture necessarie, il che porterà ad accentuare il divario culturale fra il nord ed il sud del paese, penalizzando fortemente quest'ultimo, dove il tasso di abbandono scolastico risulta essere più alto.

- Gli unici insegnanti specialisti saranno i docenti di religione, visto che gli insegnanti specialistici di lingua inglese nella scuola primaria saranno riassorbiti su posto comune (articolo 1 comma 128, legge 311/2004) e tutti gli altri saranno obbligati ad abilitarsi all'insegnamento dell'inglese attraverso corsi di 150-200 ore, il che sfacciatamente contraddice quanto sbandierato dallo stesso governo Berlusconi nelle sua precedente legislatura, ovvero l'importanza delle tre "I", tra cui appunto l'insegnamento dell'inglese.

- A causa dei tagli operati con la legge 112/08, molti alunni non avranno più l'insegnante di sostegno, finora risorsa per la classe intera oltre che strumento formidabile di integrazione sociale e garante del diritto allo studio per gli alunni diversamente abili i quali, in tal modo, verranno ghettizzati, con conseguenze disastrose sul piano sociale e didattico.
- La riduzione del numero di indirizzi nella scuola secondaria di 2° grado non terrà conto del fatto che gli Istituti professionali sono ben diversi dagli Istituti tecnici, hanno finalità diverse e non sono doppioni. Inoltre, l' accorpamento delle classi di concorso sarebbe molto deleteria soprattutto per chi insegna materie tecniche e professionalizzanti e per gli allievi che si troveranno insegnanti che dovranno necessariamente ricominciare a studiare per materie che non hanno mai insegnato;

- La contrazione dell'orario scolastico, così come prevista dal piano programmatico presentato dal ministro, andrà à discapito delle materie tecniche, ossia proprio quelle che formano l'allievo nell'indirizzo prescelto;
- la riduzione del 30% degli insegnanti di laboratorio impoverirà l'offerta formativa degli istituti professionali, oltre a rendere meno sicure le esercitazioni nei laboratori.

Inoltre il ministro sostiene che parte dei soldi risparmiati servirà a rendere più sicure le scuole, ma anche stavolta si tratta di un'affermazione priva di fondamento visto che l'edilizia scolastica compete ai comuni (legge 11 gennaio 1996, n. 23, articolo 9 comma 1), così come non corrisponde a verità il fatto che i docenti di ruolo vedranno aumentato il loro stipendio: secondo il ministro, infatti, solo i più "meritevoli" e solo a partire dal 2012 saranno premiati con 50 miseri euro a testa: un'elemosina in cambio della richiesta ai docenti di svendere la scuola pubblica !

mercoledì 15 ottobre 2008

SCUOLA, CLASSI SEPARATE PER ALUNNI STRANIERI

L'idea arriva dalla Lega: istituire «classi ponte con corsi di italiano per i piccoli immigrati che non superino prove e test di valutazione». E la Camera, dopo un acceso dibattito, ha approvato la mozione passata più con il nome di «classi ponte», ma come «classi di inserimento». Una variazione terminologica del politicamente corretto, spiegata dal vice capogruppo vicario del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, per «rendere più evidente l'obiettivo della proposta, ossia l'integrazione degli studenti». Ma dal Pd Piero Fassino replica duramente: «Una discriminazione abietta contro i bambini».

Il testo impegna il governo a «rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione». A chi non supera i test vengono messe a disposizione le «classi ponte che consentano agli studenti stranieri di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti».

Inoltre non vengono ammesse iscrizioni «nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole». Il testo della maggioranza è passato con 256 sì, 246 no e un astenuto. Bocciate tutte le mozioni dell'opposizione

domenica 12 ottobre 2008

FIORONI: A RISCHIO 4000 ISTITUTI

Nuovo scontro sulla scuola tra opposizione e ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. È l’ex ministro Giuseppe Fioroni a denunciare un taglio di 4.000 istituti con meno di 500 alunni «nascosto» in un decreto riguardante la sanità, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 7 ottobre. Ferma la replica del ministro: è «disinformazione».

Secondo Fioroni, «la norma sull’accorpamento, e la conseguente chiusura, degli istituti scolastici con meno di 500 alunni inserita di soppiatto dal governo in un decreto riguardante la Sanità, conferma ciò che avevamo preannunciato in Aula: che per effettuare i tagli alla spesa scolastica imposti da Tremonti non basterà il ritorno al maestro unico. Oggi hanno cominciato con le scuole sotto i 500 alunni, più di 4.000 istituti, domani toccherà a quelli con meno di 300 finora coperti da deroga, per arrivare poi al taglio degli insegnanti di sostegno. Queste sono le bugie della Gelmini».

Maria Pia Garavaglia, ministro dell’Istruzione del governo ombra, ha chiesto al ministro «di dirci come faranno, dopo la chiusura imposta per decreto degli istituti con meno di 500 alunni, i ragazzi di Capri o delle Eolie a raggiungere la terraferma? E chiedo alla Lega di farci sapere come possa condividere un attacco tanto diretto e smodato all’autonomia degli Enti locali su di un tema di loro esclusiva competenza? È questo il modo con cui ci prepariamo ad andare al federalismo?».

Dura le replica della Gelmini: «Le dichiarazioni degli On. Fioroni e Garavaglia sono incomprensibili ed arbitrarie. Non ci saranno la paventata chiusura di 4.000 istituti, nè il taglio degli insegnanti di sostegno, nè l’attacco all’autonomia degli enti locali. Come al solito la sinistra tenta di fare disinformazione con la vecchia tecnica secondo cui una falsità ripetuta molte volte diventerebbe una verità. Ormai però gli italiani hanno capito, non credono più a certi trucchi e sostengono in pieno l’azione del governo». Secondo quanto pubblicato sul sito governo.it l’articolo 3 del decreto 07/10/2008, citato dall’opposizione, riguarda la «Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali».

In particolare è detto che «i piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, già a decorrere dall’anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con la procedura di cui all’articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali».

lunedì 6 ottobre 2008

VICENZA VOTA CONTRO IL "DAL MOLIN"

Referendum autogestito: "No a base Usa"
Vicenza dice no alla consegna dell'area Dal Molin agli americani. Alla consultazione, che non aveva valore a livello giudiziario, hanno partecipato 24.094 cittadini pari al 28,56% degli aventi diritto. Di questi, 23.050 voti sono stati favorevoli all'acquisizione, da parte del Comune di Vicenza, dell'area del Dal Molin da utilizzare per strutture di pubbliche utilità. Esultano i promotori del referendum: "Vittoria della democrazia".
Le schede bianche sono state 92 (0,11), quelle nulle 46 (0,05). "La consultazione popolare organizzata dal comitato che raggruppa tutte le realtà contrarie alla realizzazione della nuova installazione militare statunitense, dunque, ha coinvolto migliaia di vicentini che, in questo modo, hanno risposto all'atto di dispotismo del Consiglio di Stato il quale, appiattendosi sui desideri del Governo, aveva annullato il referendum ufficiale promosso dall'Amministrazione comunale", si legge nella nota del comitato "no Dal Molin".
"Si tratta di un grandissimo successo di democrazia partecipata", è il commento di Giovanni Rolando, esponente del Pd vicentino, consigliere comunale e presidente del comitato che ha promosso il referendum autogestito, sostenuto dalle tre liste che sostengono la maggioranza in comune (Variati sindaco, Vicenza capoluogo e Partito democratico), dalla lista "Vicenza libera", da esponenti della sinistra extraconsiliare, dal Coordinamento dei comitati, dal Presidio permanente e dal vasto arco di sigle e associazioni che compongono il variegato fronte che si oppone alla nuova base.

"E' la prima volta in Italia che si tiene una consultazione popolare di questo tipo, e c'è stata una risposta straordinaria", ha detto Rolando. "E' la dimostrazione che una grandissima parte di cittadini vuole contare ed esprimere la propria opinione, di cui bisognerà tenere conto. Confidiamo che gli americani che sono campioni di democrazia capiscano che insediarsi in una comunità che esprime questa contrarietà non è conveniente neanche per loro. Simili referendum potrebbero tenersi negli altri otto siti in Italia dove sono presenti basi militari americane. E' sorprendente infine l'atteggiamento della Lega, che giura a Pontida e tradisce a Vicenza l'attaccamento alla proprie realtà territoriali e alla volontà della popolazione".

QUALCHE BUONA NOTIZIA!!!

C'è una sinistra che vince: la Sardegna diserta i 3 referendum anti-Soru

Mancato largamente il quorum nel test proposto dal Polo in vista delle regionali.
Non ci sono solo sconfitte per la sinistra italiana. O almeno una è stata appena evitata. Ieri il centro-destra sardo non ce l’ha fatta a “dare una lezione” alla giunta del governatore Renato Soru (nella foto).
I tre referendum proposti per abrogare la legge salvacoste e le norme sulla gestione delle risorse idriche e sulla tariffa unica dell´acqua sono falliti, fermandosi ben al di qua del quorum richiesto.
Alle 19 era andato a votare, infatti, circa il 14,2% dei sardi, cioè 202.000 sardi rispetto agli aventi diritto che sono 1.471.797 e fino alle 22, orario di chiusura dei seggi, la situazione non è cambiata di molto. Per far passare i referendum occorreva il voto di 500.000 elettori o poco più. Ma la maggioranza dei sardi, com’è del resto tradizione nell’isola per quanto riguarda i referendum – se n’è stata a casa.

Berlusconi non è bastato

Nonostante sia sceso in campo personalmente Silvio Berlusconi, la mobilitazione del centro-destra non è stata sufficiente. Né è bastato alimentare nelle settimane precedenti il voto un clima di scontro fra gli schieramenti. In effetti i referendum erano la “prova” per le Regionali 2009.
Il centro-destra ha caricato, quindi, il voto di significati politici per cui si chiedeva nelle pubblicità e negli spot televisivi un "Si, per la Sardegna", mettendo sotto accusa una legge (la cosiddetta salvacoste), pilastro del Piano paesaggistico, che secondo il Pdl causa danni perché "esclude Comuni e cittadini dalla pianificazione del territorio e impedisce un giusto sviluppo".
In realtà la legge evita scempi paesaggistici e preserve i tesori naturali che rappresentano la vera ricchezza della Sardegna.

L’ha spuntata Soru

E alla fine tutta questa “sovraesposizione” politica, che è andata al di là dei temi referendari, ha giovato al governatore Renato Soru che aveva voluto le norme contestate dal centro-destra e alla sua giunta. In questi giorni il Governatore non era entrato nella polemica e si era limitato a osservare l´inutilità dei referendum, stigmatizzando lo spreco di risorse. E anche su questo le cifre gli hanno dato ragione.